giovedì 18 febbraio 2010

La “Gelmini” e la voce degli studenti delle superiori

Giorni caldi nelle scuole superiori italiane: le occupazioni stanno cominciando per protesta contro la “Riforma epocale” targata Gelmini. “Gelmini o Tremonti?” si domandano gli stessi professori.
Berlusconi parla di Riforma epocale e paragona la Gelmini a Gentile. Lei, in conferenza stampa, appare fiera del paragone. Il primo ministro italiano aveva detto esattamente le stesse frasi ai tempi di Letizia Moratti, con Mary Star la storia si ripete. Ridotti gli indirizzi e le ore di lezione, la Gelmini ha parlato di necessario snellimento del sistema scolastico. È facile comprendere, e non tarda l’ammissione sorridente dello stesso Berlusconi, come la riforma sia fatta soprattutto per le imprese.
Qualcuno ha detto: “Avremo i licei per i ragazzi che possono permettersi il lusso di studiare mentre agli istituti tecnici e ai professionali andranno quelli con meno possibilità”. Al posto del riformismo ancora una volta un conservatorismo che peggiora lo status quo: i deboli coi deboli e i forti (quelli che vanno alle potenziate “private”) sempre più forti.
Cosa pensano gli studenti? Fra chi ne è a conoscenza cresce la contrarietà all’assolvimento dell’obbligo nell’apprendistato. In Germania l’apprendistato è presente nel percorso formativo dal 1969, ma è basato su un sistema duale, il quale alterna tre giorni in azienda e due giorni in aula. L’apprendistato in Germania non fa scandalo, ma è ispirato da un Vocational training (“educazione professionale”) di valore. In Italia, invece, l’emendamento collegato alla Finanziaria 2010 (le riforme sistemiche naturalmente in Finanziaria, come è logico…) sostiene che «l'obbligo di istruzione (fino a 16 anni, n.d.r.) si assolve anche nei percorsi di apprendistato per l'espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione». Di fatto, dunque, si potrà cominciare a lavorare come apprendisti già a 15 anni e questo varrà come se si fosse stati in classe. Alla faccia dell’ “economia basata sulla conoscenza” indicata dalle ultime linee guida dell’International Conference on Education di Ginevra 2008, e dalle policies indicate dal Trattato di Lisbona, che pure sono ancora citate nei documenti ministeriali..
Alessandro Gallo ci ha fatto da reporter in due istituti bolognesi: il Liceo Classico Minghetti e il Liceo Laura Bassi. Ci scrive Alessandro: “Prima di entrare nelle scuole bolognesi occupate, ci si imbatte, alle porte degli edifici, in tavolini dove gli studenti raccolgono le carte d’identità per chi vuole entrare. Il documento viene ritirato al fine di rintracciare gli studenti qualora vi siano atti di vandalismo, ma a dire il vero la protesta di questi giorni pare ben organizzata, calma, pacifica”.
Alessandro raccoglie la testimonianza di Riccardo Pisi, del Laura Bassi: “Il Governo vuole eliminare la geografia dai programmi di studio, una materia dalla fondamentale importanza per comprendere i rapporti geopolitici del mondo di oggi. Solo con la geografia, gli studenti saranno in grado di capire i “nodi” che caratterizzano la nostra epoca, dalla possibilità di una soluzione condivisa in Medio Oriente, al problema delle energie rinnovabili, alle tensioni tra Stati Uniti e Cina. Lorenzo Andalò avanza una proposta: unire le materie storiche e geografiche al fine di operare collegamenti tematici fondamentali per affrontare le sfide tipiche dell’età globale.
Un altro nostro collaboratore, Enrico Procopio, evidenzia la sostituzione della “I” di Inglese (di morattiana memoria), con la “I” di Italiano : “Mi fa molto piacere che si comincia a pensare in maniera seria alla possibilità di ampliare le ore di italiano a scuola, perché credo sia necessaria una conoscenza adeguata della nostra lingua madre, ma quello che davvero non riesco a capire è perché sia necessario farlo a scapito di una delle discipline più importanti per il cittadino europeo. L’inglese è oggi la lingua cardine della comunicazione. L’Europa parla inglese e noi italiani siamo ancora oggi troppo in fondo alle classifiche. La riduzione del monte ore scolastiche non aiuta di certo”.
Enrico ci dice la sua anche riguardo al sistema dei crediti formativi scolastici: “E’ uno dei temi più difficili da spiegare ai ragazzi delle medie, che tendono a considerare astruso questo sistema. Per loro può voler dire tutto e niente. E, difatti, ritengo ci siano molte disomogeneità tra le varie scuole. Nella mia scuola, a livello “burocratico”, il sistema è stato introdotto con intelligenza, riservando a questo sistema un potenziale ridotto, ma in grado di fare la differenza, pur tuttavia senza penalizzare troppo che invece decide di applicarsi anima e corpo nello studio delle materie scolastiche. È molto importante spiegare agli studenti l’importanza dei Crediti formativi, il fatto che rivestono il 25% della valutazione complessiva dell’esame di maturità. Ma questo è un sistema che deve essere metabolizzato meglio anche dagli insegnanti. Io propongo una breve lezione obbligatoria in cui venga spiegato a tutti il sistema dei Crediti Formativi: non è davvero più possibile quello che ho sentito dire più volte a dei miei compagni più grandi, vale a dire l’aver scoperto il proprio numero di crediti e la loro valenza solo in sede di valutazione finale”. E poi altri temi... Già li ascoltiamo nelle assemblee di questi giorni. In tempi di crisi, di ricatto sull’occupazione presente e su quella futura, di decadenza dell’idea stessa del valore della scuola, non è poco. Mettiamoci in ascolto. Ne vale la pena.

A cura di Mattia Baglieri
Ringraziamo Alessandro Gallo ed Enrico Procopio per la collaborazione)